Breve excursus nel mondo degli sfratti intentati da alcuni elementi della chiesa cattolica nei confronti della cultura italiana.
Scritto da Marco Esposito per Investigatio Veritatis
INTRODUZIONE
Lo sfratto esecutivo intentato da alcune parrocchie nei confronti di luoghi di cultura quali cinema d’essai e teatri è un fenomeno che riguarda diversi comuni italiani, da nord a sud, con conseguente perdita di tradizioni, valori ed esperienze culturali di buona parte del territorio nazionale. Il dossier realizzato e riportato di seguito evidenzia come l’indipendenza della cultura italiana dall’ingerenza della Chiesa Cattolica sia un problema tutt’altro che risolto.
Città come Milano, Viareggio, Ravenna, Roma, Foggia e Catania hanno vissuto (o stanno ancora vivendo) aspri scontri tra alcuni rappresentanti del potere ecclesiastico e gruppi di cittadini autonomamente organizzati in difesa della libertà di espressione.
L’intento di queste pagine non è quello di dare una versione distorta e generalizzata della chiesa Cattolica a cui vanno indubbiamente riconosciuti i meriti del suo operato nella nostra città e nel Mondo. Non si tratta neanche di delineare uno scontro tra cattolici ed anticattolici. La difesa di questi luoghi, importanti per la cultura e l’identità delle nostre città, vede infatti riunirsi persone di differente estrazione religiosa e politica unita dall’interesse comune per il cinema ed il teatro.
Lo scopo che ci si prefigge è di fornire un quadro, il più completo possibile, per fare luce su un fenomeno che sta prendendo sempre più piede nel nostro Paese negli ultimi anni: l’azione di alcuni membri della Chiesa Cattolica che rischia di arrecare più danni che benefici alla nostra società. Le informazioni raccolte sono state fornite dai vari comitati spontanei sorta a difesa delle singole realtà, dai diretti interessati e da siti internet che si sono occupati delle diverse situazioni.
LA VICENDA FOGGIANA
Breve biografia della sala
E’ il 1957 quando il sig. Giustino Palma decide di gestire la sala cinematografica “mons. Farina”, di proprietà della Curia foggiana. E’ il periodo della ripresa post-bellica, periodo in cui l’Italia comincia a sognare un futuro migliore. Un sogno in cui il cinema assume un ruolo importante.
Mauro Palma (l’attuale gestore), e la generazione di cui fa parte, cresce quindi in questo ambiente. A stretto contatto tra pellicole e proiettori, schermi di proiezione, sedie e poltrone su cui far viaggiare l’immaginazione tra gli indiani di “Ombre rosse” (diretto da John Ford) e le liane di “Tarzan l’uomo scimmia” (di W. S. Van Dyke).
Nel 1978 il figlio succede al padre nella gestione dell’attività familiare. La “Sala Farina” in questi anni è già diventata un’istituzione per la città, ma da qui in poi cambia il carattere dei contenuti e della programmazione, e cambia anche il nome in “Falso Movimento”. La struttura diventa un cinema d’essai: vengono proiettati film d’autore ad elevato contenuto culturale. Presto assume ruolo di polo culturale unico nel panorama della città e della provincia. Si succedono le varie rassegne cinematografiche tramite cui Foggia può incontrare artisti del calibro di Francesco Rosi, Marco Bellocchio, Mario Monicelli, Luciano Emmer e altri ancora. Senza contare poi l’impegno verso le scuole tramite cui è possibile formare un pubblico attento e ben istruito per il futuro.
Con questa scelta, che garantisce un pubblico sempre presente, il gestore riesce a superare le difficoltà legate alla crisi del settore a cui è dovuta la chiusura di numerose sale cinematografiche spazzate via dalla concorrenza dei multisala.
L’avviso di sfratto e la causa civile
Quindi dopo anni passati tra rassegne, proiezioni e manifestazioni, nel 2006 giunge l’avviso di sfratto da parte del parroco della cattedrale: tale don Antonio Sacco. A questo punto ci si domanda quali siano i motivi. E’ un’azione dovuta per morosità? Per inadempienza delle norme contrattuali, forse? Assolutamente no. Semplicemente don Sacco decide di non rinnovare il contratto alla sua scadenza e per questo manda l’avviso di sfratto.
Quali sono quindi le reali motivazioni di questa scelta? Per quale motivo un cinema che è diventato un vero pezzo di storia della città, situato in pieno centro storico, deve chiudere i battenti? Per rispondere a queste domande analizziamo quali sono i problemi che la Curia deve affrontare.
La “Sala Farina” fa parte dei locali annessi al corpo della Cattedrale di Foggia, chiusa dal 2005 per restauri. La stessa sala in cui è ubicato il “Falso Movimento” è stata oggetto di restauri negli anni ’90, per adeguamento alle normative vigenti, totalmente a carico dell’affittuario. Ergo, la parrocchia della Cattedrale si ritrova un locale di sua proprietà aumentato di valore senza aver versato neanche un euro. Altri fondi pubblici sono stati utilizzati per la riqualificazione del Centro storico, e quindi anche per la Cattedrale.
Dopo l’avviso di sfratto il sig. Palma decide di ricorrere al Tribunale con una causa civile, per opporsi alla decisione della Parrocchia della Cattedrale. L’esito dà ragione alla Curia che quindi ha diritto di riprendere possesso, nel luglio del 2010, della sua proprietà.
La mobilitazione popolare
L’importanza del “Falso Movimento” nel panorama culturale della città è ulteriormente testimoniato dall’affetto e dalla solidarietà espressa da migliaia di cittadini foggiani, e non solo, che hanno fatto della battaglia di Mauro Palma un proprio punto d’onore. Una raccolta firme a sostegno della petizione popolare è stata promossa sia su internet che nel cinema stesso, tv e giornali locali hanno portato il problema all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, svariati appelli sono stati rivolti alla controparte da numerose personalità della cultura foggiana, è stato creato un gruppo su Facebook “Salviamo il Falso Movimento” da Geppe Inserra (direttore artistico di svariate edizioni del “Festival del Cinema Indipendente di Foggia” puntualmente ospitato dalla sala in questione) che ha raccolto e raccoglie le idee e iniziative di migliaia di fan e sostenitori.
La solidarietà verso ciò che significa questo luogo per la città è espressa anche da alcuni cinema concorrenti, tra questi il “Cicolella”, oltre che da registi, attori, artisti, il rettore dell’Università di Foggia, esponenti politici locali nonché un ex Deputato della Repubblica quale Vladimir Luxuria.
In questi mesi di iniziative e appelli accorati è assordante, però, il silenzio di una controparte fortemente radicata nelle proprie posizioni e dalle decisioni inamovibili.
Il Consiglio Comunale
Arriviamo così al 22 giugno del 2009, data in cui il nuovo Consiglio Comunale si instaura a Palazzo di Città. La giunta di centro-sinistra vede come sindaco entrante Gianni Mongielli e nella figura di assessore alla cultura Rocco Laricchiuta, entrambi della lista “Mongelli per Foggia”. E’ poi del 4 settembre dello stesso anno la notizia che il Sindaco e la sua Giunta hanno deciso di devolvere una mensilità del proprio stipendio da amministratori a favore di un fondo da destinare al restauro della “Cattedrale e dei suoi tesori artistici”. Secondo le notizie circolanti in quel periodo sarebbero 13 i milioni necessari per completare i lavori, di cui 5,5 sarebbero dovuti essere resi disponibili dallo Stato e dalla Regione Puglia entro un breve periodo(non meglio definito).
Dopo diverse espressioni di solidarietà a titolo personale di alcuni esponenti del consiglio comunale la vicenda viene discussa ufficialmente a Palazzo di Città il 23 novembre. Il dibattito viene proposto all’ordine del giorno dalla “Commissione consiliare cultura” col tentativo di ricercare soluzioni alternative allo sfratto. All’attenzione del Consiglio vengono poste inoltre la petizione popolare sottoscritta da 3000 firmatari, una lettera del Rettore Giuliano Volpe ed una lettera dell’ex Deputato Vladimir Luxuria.
Dopo una discussione di un paio d’ore in cui sono stati tirati in mezzo lo Stadio Comunale, la sede della Figc, l’ex Pantanella (struttura sportiva foggiana), il Teatro Umberto Giordano e la Cattedrale (entrambi perennemente in fase di restauro); in cui qualcuno ha asserito che questo non è problema del Consiglio e altri che si, forse lo è ma è troppo tardi visto che c’è già una sentenza, si è arrivati quindi all’approvazione del seguente ordine del giorno: “Ricercare soluzioni alternative per scongiurare la chiusura del Falso Movimento e porre in atto gli interventi necessari per il recupero di tutti i contenitori culturali del centro storico, in primis il Teatro Giordano e la Cattedrale”. Tutto ciò per aprire “un confronto serio e costruttivo sul centro storico”.
Voce di Popolo
La reazione della Curia vescovile non si fa attendere oltre e si rende manifesta nelle pagine del periodico settimanale “Voce di Popolo”, l’organo di informazione dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino. Nell’editoriale del 27 novembre 2009 vengono spiegate le ragioni per le quali la Curia intende riappropriarsi dei propri spazi: “…non si tratta di una chiusura, semmai di una apertura: quel luogo, infatti, oltre a continuare l’attività cinematografica sarà un punto di riferimento per i giovani disagiati che vivono nelle zone del centro storico della città e per la comunità ecclesiale che dimora in una zona particolarmente bisognosa di rilancio spirituale, oltre che culturale… Se fossimo stati interpellati, lo ribadiamo, avremmo spiegato con chiarezza e determinazione che dietro a questa vicenda c’è innanzitutto un amore per i ragazzi e per le loro famiglie.”
Sempre dallo stesso periodico nel numero successivo giunge la voce dell’ex sindaco di Foggia: “Orazio Ciliberti”. In un articolo intitolato “Un’indegna gazzarra” Ciliberti esprime le proprie opinioni riguardo alla vicenda : “Desidero esprimere la mia solidarietà a sua eccellenza l’Arcivescovo di Foggia, per la indegna gazzarra che qualcuno ha inteso sollevare in ordine alla questione dello sfratto del cinema “Falso Movimento”. Si tratta di una polemica pretestuosa e inaccettabile…
in un mondo in cui la stessa sala cinematografica è istituzione recessiva- destinata credo a scomparire- dietro la pressante evoluzione delle nuove forme di comunicazione, come la tv digitale, internet, i dvd, le multisala, in un sistema siffatto, mi sembra assurdo contestare la scelta della Curia vescovile foggiana…
L’ardore polemico, degno di miglior causa, denota i limiti dei falsi intellettuali nostrani, il loro pressappochismo, la supponenza, la saccenza di chi vuol dimostrare uno spessore culturale maggiore delle sue dotazioni.”
Queste sono le parole riservate dall’ex sindaco a chi ha offerto gratuitamente l’uso della sala per la campagna elettorale e a quella parte di sostenitori del Falso Movimento che hanno contribuito alla sua elezione.
Arriviamo quindi ad oggi. Dopo mesi di discussioni e dibattiti il sig. Palma e i suoi 4000 sostenitori attendono le “soluzioni” che l’amministrazione comunale si era fatta ufficialmente carico di ricercare. Finora infatti non si è avuta alcuna notizia né proposta proveniente dal Municipio, intanto il termine ultimo entro il quale poter fare qualcosa si avvicina inesorabilmente.
L’UNICO CINEMA D’ESSAI DELLA VERSILIA
Nel 1948 nasce a Viareggio il cinema d’essai “Centrale”, l’unico cinema d’essai della Versilia, la famosa zona della Toscana nota per il suo litorale. A gestirlo è la famiglia Carmignani e più precisamente da Mario. La sala ha sede presso uno dei locali di proprietà della parrocchia di Sant’Andrea, con cui viene stipulato un contratto d’affitto.
Con il duro impegno e lavoro di una vita la famiglia Carmignani fa del proprio cinema un’istituzione culturale della città sia per la qualità delle proiezioni che per l’impegno sociale a vantaggio delle giovani generazioni.
Da quando il festival “Europacinema” si trasferisce a Viareggio il “Centrale” contribuisce ad ospitarne numerose edizioni. Per dare l’idea dell’importanza dell’evento riportiamo qui un piccolo riassunto della sua storia estrapolata dal sito ufficiale. “EuropaCinema fu fondata a Rimini nel 1984 da Felice Laudadio - direttore della Mostra internazionale d'arte cinematografica della Biennale di Venezia nel biennio 1997-98 e presidente di Cinecittà Holding dal 1999 al 2002, attualmente direttore del TaorminaFilmFest (dal 1999). EuropaCinema nacque con la collaborazione di Federico Fellini, che creò il logotipo del festival e il suo primo manifesto, realizzati negli anni successivi da Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra, Ettore Scola, Marcello Mastroianni e Ingmar Bergman. EuropaCinema divenne immediatamente uno dei più prestigiosi festival europei, subito considerato da produttori, distributori e autori efficace alternativa alla Mostra di Venezia. Ruolo che ha conservato e anzi rafforzato allorquando il festival è stato definitivamente trasferito dal 1989 a Viareggio, una città perfetta per ospitare in settembre una manifestazione del prestigio e dell'importanza di EuropaCinema.”
Dopo decenni di attività si giunge quindi alla fine del 2004. In questo periodo viene recapitata al sig. Mario Carmignani una lettera in cui la parrocchia annuncia la risoluzione del contratto per la fine del 2005. La decisione non viene presa per morosità da parte dell’affittuario, anzi il gestore è sempre stata una persona correttissima: “mai pagato in ritardo, mai dato fastidio. Dal 1983, quando si dovette rifare la copertura, la parrocchia non ha mai speso una lira, un centesimo nel cinema. Ho sempre fatto tutti gli interventi io, di ordinaria o straordinaria manutenzione.”
La motivazione di questo atto risiederebbe, stando alle prime dichiarazioni ufficiali, nella volontà di restaurare la cappella sconsacrata di San Giuseppe. Per fare ciò servirebbero circa tre milioni di euro da recuperare tramite la vendita dell’immobile in cui è locata l’attività del cinema “Centrale”.
Ma non sarebbe da vendere così com’ è. Infatti in Comune viene depositato un progetto di ristrutturazione che prevede al posto della sala la realizzazione di spazi per appartamenti ed uffici la cui destinazione d’uso, naturalmente, farebbe incrementare ulteriormente il valore dell’edificio.
Quindi, ricapitolando, la parrocchia sostiene di aver bisogno di soldi per ristrutturare la cappella, ma per fare ciò è disposta a spendere altri soldi per trasformare un cinema in negozi ed appartamenti da rivendere. Come potrebbe essere chiamata quest’operazione in semplici parole? Spulciando sul Nuovo Zingarelli (dizionario della lingua italiana) troviamo questa definizione: “Insieme di operazioni commerciali, intese a ricercare un guadagno”. Guardando un’altra definizione presa dall’enciclopedia on-line “wikipedia” ci imbattiamo in un’altra definizione: “In economia la speculazione è una manovra mercantile che vuole lucrare sull’andamento del mercato in un determinato settore. Essa riguarda l’acquisizione e la successiva vendita, di articoli, immobili, obbligazioni, azioni, monete, con il fine specifico di guadagnare surplus tra il costo di acquisto ed il prezzo di vendita”. Entrambe le definizioni si riferiscono alla parola “speculazione”. Nel nostro caso potremmo quindi asserire che ci troviamo di fronte ad un tentativo di speculazione edilizia.
Qualcuno potrebbe sostenere che magari questa posizione sia un po’ troppo critica o radicale, visti comunque sia la caratura dell’istituzione di cui si sta trattando, sia le motivazioni che hanno spinto a questa scelta (la ristrutturazione della cappella). Eppure c’è qualcos’altro che ci mette la pulce nell’orecchio. Innanzitutto l’immobile è ubicato in una zona centrale e costosissima della città, cosa che ne aumenterebbe ulteriormente il probabile valore di mercato. Inoltre tutte le iniziative proposte dall’amministrazione comunale hanno un secco diniego. L’allora sindaco Marco Marcucci, pur di salvare lo storico cinema, propone di reperire i fondi per la ristrutturazione di “San Giuseppe” in un primo momento e, dopo una risposta negativa dal legale rappresentante (padre Francesco Bergamaschi), di comprare il “Centrale”.
Nulla da fare: quel cinema deve sparire.
Ma la cittadinanza e la famiglia Carmignani non ci stanno. Alla scadenza del contratto il “Centrale” è ancora al suo posto. A giugno del 2006 il locale non è ancora stato sgomberato e la parrocchia passa quindi alle vie legali. Intanto si costituisce il comitato “Salviamo il cinema Centrale” che raccoglie in pochi mesi 4000 firme. Dimostrazioni di solidarietà giungono da Mario Monicelli, Stefania Sandrelli, Ettore Scola, Felice Laudadio, Marco Columbro. Al coro si uniscono anche le voci di due ecclesiastici: padre Luigi Sonnenfeld “Io, prete, chiedo perdono per le scelte della parrocchia, decisioni incoerenti con i doveri di pace e misericordia”, e don Bruno Frediani “La Chiesa non può agire come un soggetto privato e anche un cinema può arricchire una città”.
A seguito delle polemiche suscitate dalle scelte controverse esercitate dalla parrocchia di Sant’Andrea, padre Francesco Bergamaschi fa un passo indietro e dichiara che il cinema continuerà comunque ad esistere e non verrà cambiata la sua destinazione d’uso.
La battaglia legale comunque continua e il 6 dicembre 2006 l’ufficiale giudiziario convoca le parti al Tribunale Civile di Viareggio. Con quest’incontro viene fissata una nuova data per lo sfratto esecutivo, rinviato quindi al 26 gennaio 2007. La popolazione e la famiglia Carmignani continuano a non arrendersi e riescono comunque ad ottenere una ulteriore proroga dei tempi al 28 maggio 2009, in cambio della cessione dei propri beni e delle proprie attrezzature posti all’interno dell’immobile in questione.
Nel giorno fissato per il termine ultimo ha luogo la proiezione al cinema “Centrale” del film “La rabbia” di Pasolini. Centinaia di sostenitori si ritrovano per dare l’ultimo saluto a quella sala in cui hanno vissuto innumerevoli emozioni per decenni.
I tre dipendenti sono stati liquidati con non pochi sforzi economici da parte di Mario Carmignani, divenuto oramai ex gestore per cui le porte della pensione (che sembrava così vicina) si sono allontanate inesorabilmente. Da giugno dello stesso anno il cinema è chiuso per lavori, nonostante padre Bergamaschi avesse rassicurato riguardo la sua riapertura a settembre. I lavori in realtà non sono mai cominciati e chissà quando si vedrà la fine. Ciò che resta ai viareggini è la consapevolezza del fatto che la loro città, e con essa l’Italia intera, ha perso un ulteriore importante componente della propria storia culturale.
CINECLUB “Il LABIRINTO”
A Roma il cineclub “Il Labirinto” per decenni ha costituito un importante punto di riferimento nel panorama culturale ed associativo. Nel 1979, presso la parrocchia di San Gioacchino nel quartiere Prati, il direttore Giorgio Valente stipula un contratto d’affitto per il locale di proprietà dell’Ordine dei Redentoristi.
All’interno del trisala di Via Pompeo Magno sono quindi ospitate le attività dell’associazione culturale cinematografica “Il Labirinto”. Varie rassegne di filmografia d’autore mondiale ed europea, iniziative intraprese con il patrocinio della amministrazioni locali hanno permesso alla popolazione romana di avere un punto di riferimento in cui poter aprire i propri orizzonti cinematografici. In trent’anni di attività sono infatti più di centomila gli associati.
Tutto bene quindi fino a quando, nel giugno del 2007, giunge da parte dei “Redentoristi” la decisione di non rinnovare il contratto di locazione. Come si è giunti a questa decisione? Facciamo un passo indietro di qualche anno.
Nel 1995 il direttore Valente stipula un contratto di rinnovo che prevede il raddoppio del canone di locazione, il quale passa quindi da 2000 a 4000 euro mensili, valido fino ad ottobre del 2007. In vista della scadenza la direzione del cineclub avvia le trattative per un ulteriore rinnovo con l’Ordine dei Redentoristi, in quanto le loro richieste prevedono un aumento del canone da 4000 a 5500 euro mensili. Inoltre la struttura richiede degli interventi di ristrutturazione di cui si dovrebbe far carico l’affittuario che deve provvedere quindi alla redazione di un progetto apposito. In virtù di ciò il sig. Valente dà inizio, nel marzo del 2007, a delle trattative per raggiungere un accordo sull’entità del canone, trattative bruscamente interrotte nel giugno dello stesso anno (come precedentemente accennato).
Ufficialmente non sarebbe ancora stata scelta la nuova funzione della sala da parte della proprietà, ma secondo il direttore la ragione sarebbe da imputare a motivazioni meramente economiche. In un’intervista rilasciata a Radio Radicale il direttore afferma infatti che il motivo del diniego risiederebbe nel non aver voluto accettare il canone di 5500 euro, soldi di cui l’Ordine aveva assolutamente bisogno. Lo spazio sarebbe quindi destinato ad accogliere attività a più alta redditività disposte a pagare tale prezzo e non certo ad attività umanitarie e caritatevoli. Eppure la parrocchia di San Gioacchino non dovrebbe avere grossi problemi di tipo finanziario viste le ragguardevoli entrate (sempre secondo le dichiarazioni del direttore Valente) garantite da altre sue proprietà quali appartamenti, negozi, garage, attività commerciali ed un magazzino. Tutte localizzate nell’intorno, famoso per essere una zona di uffici e studi finanziari di alto livello.
Si arriva quindi al 9 gennaio 2008, data in cui la forza pubblica esegue l’ingiunzione di sfratto depositata dall’Ordine dei Redentoristi. L’operazione viene eseguita senza fornire alcun preavviso all’associazione “Il Labirinto”. Vengono quindi messi i sigilli da parte dell’autorità giudiziaria e cambiati i lucchetti alle porte d’ingresso. All’interno rimane l’incasso degli ultimi giorni e le copie delle pellicole in proiezione, inaccessibili da parte dei gestori.
La data per il ricorso viene fissata al 30 gennaio, ma non si ha un esito positivo. L’associazione non ha ancora trovato uno spazio alternativo per le proprie attività ed il cineclub ha quindi definitivamente chiuso i battenti.
Un altro pezzo d’Italia che se ne va.
DISGUIDI DI NATURA
Questa vicenda, ambientata a Ravenna, ha origine per un “disguido di natura”, diciamo. Il 12 giugno 2006 viene proiettato il film “Mater Natura”, di Massimo Andrei con Vladimir Luxuria. La proiezione avviene nell’ultima sala cinematografica rimasta aperta della città: il cinema d’essai “Jolly.doc” che dal 2002 ha sede presso un locale della Parrocchia di San Rocco.
Il gestore del cinema, Giovanni Mendola, stipula un contratto con don Ugo che prevede inoltre l’impegno della società a proiettare solo pellicole «che rappresentino valori artistici e culturali unitamente riconosciuti e di indiscusso valore morale». Il parroco chiede quindi la rescissione del contratto sostenendo la violazione della suddetta clausola. Alla rescissione seguirebbe quindi lo sfratto della società dalla sala cinematografica di proprietà della parrocchia. La società naturalmente si oppone e il caso finisce quindi al Tribunale civile di Ravenna.
Intanto monta la protesta da parte dei clienti del cinema e delle persone coinvolte nell’esecuzione del film. Vladimir Luxuria, che a quei tempi è Parlamentare della Repubblica, denuncia l’intenzione di rivolgere un’interrogazione parlamentare all’allora ministro della Cultura Francesco Rutelli, in quanto si sta parlando comunque di un’opera cinematografica che ha riscosso un discreto successo di critica.
Nella presentazione al festival di Venezia riesce infatti ad ottenere un premio della critica ed uno del pubblico, mentre a Vasto è stato premiato addirittura da un prete.
Si giunge quindi al 26 marzo 2007, data in cui viene pronunciata la seguente sentenza: “Visto l'art.447/bis c.p.a. definitivamente decidendo respinge il ricorso, e condanna la parrocchia ricorrente al rimborso delle spese processuali a favore della società Jolly.doc. ….”.
Il cinema “Jolly.doc” continua ancora oggi ad esercitare la propria attività.
TEATRO “CLUB NANDO GRECO”
Nel 1965 viene fondato a Catania il “Teatro Club” ad opera di Nando Greco. Per più di quarant’anni costituisce un motore di sperimentazione e ricerca teatrale che ne fanno un punto di riferimento costante nel panorama culturale cittadino e non solo.
L’attività del teatro comincia nella sede di Palazzo Biscari. “La programmazione porta eventi come il Living Theatre, il Piccolo Teatro di Milano con “Un uomo è un uomo” di Brecht, Anna Magnani nella “Medea” di Anouilh, “A proposito del teatro della crudeltà” con testi di Jarry, Artaud, Weiss e Genet, Eddie Hawkins e i leggendari “Folkstudio singers”. Nel 1972, il Teatro Club si trasferisce in Piazza San Placido, dove Nando Greco si tuffa nel teatro giovane. La rassegna “Aspetti di nuovo teatro”, iniziata nel 1970, porterà il Teatro Libero di Roma, il Teatr Stu Cracovia, Il Patagruppo con “Ubu roi” di Jarry, il Teatro Studio Mejerchol'd con “Quando noi morti ci destiamo” di Ibsen, Carlo Cecchi con “Woyzeek”, Walter Manfré con “Fando e Lis” di Fernando Arrabal, “Tamburi nella notte” di Brecht, “Notte di guerra al Museo del Prado” di Alberti. E ancora, fra stagioni e altre rassegne: “Sotto il bosco di latte” di Dylan Thomas, l'“Amleto” di Carmelo Bene, “Casa di bambole” di Ibsen, la “Morte di un commesso viaggiatore” di Miller con Tino Buazzelli, Lucia Poli e il suo “Liquidi”, la Fabbrica dell'attore di Roma, l'Opera dei pupi dei Fratelli Napoli... E inoltre la rassegna di teatro per ragazzi ideata da Turi Greco.
Nel 1995 la direzione del progetto passa ufficialmente da Nando a sua figlia Paola, prendendo così un impulso che porterà, attraverso il Teatro delle Novità, all'ideazione di RING, rassegna di arte, cultura e spettacolo, all'organizzazione di Claque, festival di teatro di strada, e alla creazione di numerose opportunità di formazione, incontro e dibattito, come l'STM Scuola Teatrale di Movimento.
Nel dicembre del 2005 il nome viene modificato in “Teatro Club Nando Greco” in onore del precedente direttore.
Agli inizi del 2008 giunge alla sig.ra Paola Greco una notifica di sfratto esecutivo per morosità da parte del proprietario, ovvero la Cattedrale di Catania. La notifica impone quindi lo sgombero dei locali entro luglio dello stesso anno, in quanto l’affittuario (secondo il nuovo parroco giunto da poco) sarebbe risultato inadempiente alle regole contrattuali non avendo versato il canone d’affitto a scadenza annuale.
La direttrice sostiene invece che si tratta di un disguido causato dal cambio del responsabile della parrocchia. Infatti col precedente parroco il pagamento veniva effettuato, con tacito accordo, dopo un anno - un anno e mezzo circa. Usanza ignorata dal nuovo venuto che ha proceduto quindi alle vie legali ed alla decisione di non rinnovare il contratto d’affitto.
Nonostante numerosi appelli da parte della cittadinanza e personaggi dello spettacolo (tra cui anche Carmen Consoli) e tentativi di risoluzione dell’equivoco Vescovo e parroco non cambiano idea. La direttrice del teatro decide quindi di dare l’opportunità ai catanesi di dare un ultimo saluto al luogo che per anni ha alimentato le passioni e i sogni di innumerevoli amatori dell’arte tramite l’iniziativa “Ring Aperto”. Un mese a porte aperte durante il quale sono organizzati incontri, spettacoli ed iniziative varie con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Catania.
Nonostante tutti gli sforzi profusi alla scadenza del contratto, il 30 luglio del 2008, le porte del Teatro Club Nando Greco vengono chiuse. Per un anno le sue attività vengono ospitate nello spazio offerto gratuitamente nel Teatro Sangiorgi da parte dell’Ente “Teatro Massimo Bellini”, nella speranza di trovare una soluzione alternativa alla scomparsa definitiva di quest’importantissimo luogo di produzione culturale.
Purtroppo le cose sono andate diversamente e del lavoro di 45 anni è rimasto la memoria collettiva di chi ne ha usufruito.
TEATRO “SAN BABILA” DI MILANO
Il teatro “San Babila” è ubicato presso le strutture appartenenti all’omonima parrocchia milanese. Nel 2002 il direttore Gennaro D’Avanzo firma un contratto d’affitto d’azienda il quale prevede il pagamento di un canone annuale di 130.000 euro netti. La programmazione della stagione viene decisa dalla direzione, naturalmente, e sottoposta all’attenzione dei proprietari regolarmente prima della pubblicazione. Negli anni il teatro vede svolgersi al suo interno una programmazione vivace, dinamica, in perenne evoluzione in cui numerosi sono gli artisti affermati (Calindri, la Masiero, Peppino De Filippo) e le giovani compagnie che si alternano sul palco.
Tutto bene quindi finché all’inizio del 2009 l’arciprete della parrocchia, mons. Gandini, fa recapitare l’avviso di sfratto al direttore D’Avanzo. La motivazione con cui viene giustificata tale scelta è alquanto singolare. Inizialmente sarebbe da imputare alla scarsa qualità degli spettacoli proposti denunciata all’arciprete da alcuni fedeli scontenti, successivamente è lo stesso arciprete a dichiarare: “Il fatto che gli spettacoli siano scadenti non rientra certo nelle motivazioni dello sfratto, quella è una mia personalissima opinione. Aggiungo però che molti fedeli mi confessano spesso di uscire a metà spettacolo. Detto ciò l’intenzione della parrocchia - prosegue - è di stipulare un nuovo contratto con una nuova gestione. Vogliamo che il teatro torni a fare i classici, come è nella sua tradizione”.
D’Avanzo naturalmente non ci sta, e per più di una ragione. Innanzitutto gli spettacoli non sarebbero così scadenti come asserito da mons. Gandini, visti i più di 3000 abbonati per la stagione. E se anche fosse, poi, il danno ricadrebbe sul gestore e non certo sulla proprietà che ha stipulato il contratto d’affitto. Inoltre la direzione ha investito, oltre ai soldi per il canone, ulteriori 400.000 euro per la ristrutturazione della struttura e per l’arredo. La scelta di cambiare gestione si ripercuoterebbe anche sui quindici dipendenti del sig. D’Avanzo che si ritroverebbero dall’oggi al domani disoccupati.
Ciò che il direttore contesta quindi all’ente ecclesiastico, oltre alla divergenza culturale, è l’atteggiamento imprenditoriale da azienda che avendo già un cospicuo tornaconto punta ad arricchirsi ulteriormente. Cosa che sarebbe abbastanza distante dal significato che in genere viene attribuito a chi ricopre il ruolo di servitore di Dio. Soprattutto se si considera che il contratto stipulato è una tipologia definita contratto d’azienda, dove l’azienda in questo caso sarebbe la parrocchia. Il che rimarcherebbe ulteriormente il fatto di trovarsi di fronte a dei veri e propri imprenditori che contemporaneamente sono anche dei preti.
La scadenza del contratto è fissata quindi per il 30 giugno del 2009. Naturalmente D’Avanzo fa ricorso rimandando quindi la decisione al Tribunale di Milano. Una prima udienza viene fissata per il mese di dicembre dello stesso anno, una successiva a febbraio e quella definitiva a settembre del 2010. In questo lasso di tempo vengono raccolte oltre 4500 firme sottoscritte dai frequentatori del Teatro (alla faccia degli spettacoli scadenti).
Intanto il 2 dicembre 2009 viene presentato dall’onorevole Valentina Aprea (Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati) un disegno di legge che integra la precedente legge “Salva teatri” del 2009 emanata per impedire lo sfratto del Teatro “Nuovo” di Milano. Questa prevede infatti l’obbligo di rinnovare il contratto d’affitto in scadenza per ulteriori nove anni, ma solo per i contratti di locazione e non per quelli d’azienda. Il novo D.D.L. è esteso invece a tutte le attività teatrali indipendentemente dal tipo di contratto. Nel caso in cui il disegno di legge dovesse essere approvato il direttore D’Avanzo e i suoi dipendenti avrebbero quindi la possibilità di continuare a lavorare per altri nove anni al Teatro San Babila.
RINGRAZIAMENTI E RIFERIMENTI
Si ringraziano per le informazioni, la collaborazione, la solidarietà ed il sostegno reciproco:
Mauro Palma: direttore del cinema Falso Movimento di Foggia
http://www.falsomovimentoilcinema.net/
Comitato “Salviamo il Falso Movimento”
Pagina internet disponibile su facebook : salviamo il falso movimento
Mario Carmignani: ex direttore del cinema Centrale di Viareggio
Daniela Santucci , Riccardo Bendinelli e tutti i componenti del comitato “Salviamo il cinema Centrale.
comitatocinemacentrale@gmail.com
Il cineclub “Il Labirinto” di Roma
www.labirintocinema.it/
Giovanni Mendola: direttore del cinema “Jolly.doc” di Ravenna
www.cinemajollydoc.it/
Paola Greco: ex direttrice del teatro “Club Nando Greco” di Catania
L’associazione Officina Rebelde di Catania
www.officinarebelde.org
Gennaro D’avanzo: direttore del “Teatro San Babila” di Milano
www.teatrosanbabila.it
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