martedì 8 dicembre 2009

NO B-DAY


Articolo di Luciano Pitullo

Al No-B Day c’eravamo anche noi di Investigatio, non potevamo mancare.
Mentre ero lì ho avuto una sensazione, all’improvviso mi sono accorto di non essere mai stato circondato da tante persone “per bene” come è successo oggi.
Finalmente qualcosa si muove in Italia, anzi da oggi è più di un qualcosa, è un Popolo che si muove per i propri diritti, per la giustizia e l’onestà, e non solo contro il Premier.


Sento dunque l’impellente necessità di fare una precisazione: quello che ci unisce non è il sentimento anti-berlusconiano, bensì l’anti-berlusconismo. Eh si, quelle tre lettere fanno un enorme differenza, infatti non siamo (solo) contro Berlusconi, ma contro l’atteggiamento amorale e privo di ideali che ormai pervade gran parte dell’attuale classe dirigente politica.
Inoltre, avendo vissuto personalmente tutta la manifestazione, sono (piacevolmente) costretto a fare un’analisi della giornata e soprattutto dei modi in cui questa e’ stata divulgata attraverso la rete della televisione generalista.
Ebbene, l’affluenza è stata veramente storica, viene infatti spontaneo fare il paragone con l’altra grande manifestazione che annualmente si svolge nella stessa piazza, il Concerto del 1° maggio, che neanche nella migliore delle ipotesi ha mai raggiunto l’affluenza odierna in Piazza San Giovanni.
Alle 15.30, cioè quando il corteo non era ancora arrivato, la piazza era già gremita, verso le 16.00 si assiste all’arrivo della testa del corteo con gli striscioni e la marea viola inizia a spandersi e invadere gli spazi limitrofi.
Sul palco si sono succeduti grandi nomi del panorama culturale italiano come Margherita Hack, Giorgio Bocca e Dario Fò, attivisti politici come Salvatore Borsellino e i Ragazzi di Corleone, il mitico immancabile Ascanio Celestini e tanti altri.
Tutti loro hanno lanciato un appello alle coscienze della folla, E’ ORA DI DARSI DA FARE per salvare ciò che i nostri predecessori ci hanno consegnato immolando le loro vite, e cioè un Paese libero, dotato di una “legge” sacrosanta e intoccabile come la Costituzione.
Mentre questo Popolo parla, discute, urla e si agita per la voglia di onestà e la sete di giustizia, puntuali come la morte arrivano invece le grottesche contromosse della maggioranza.
Che però purtroppo ancora per molti funzionano.
La prima e insostituibile mossa è quella di mistificare, sminuire e deridere le manifestazioni di protesta, qualunque esse siano e da qualunque parte vengano.
Calderoli fa da apripista definendo questo grande Popolo “una esigua minoranza”.

La seconda mossa è quella di buttare fumo negli occhi, l’autore questa volta è l’apparato della Giustizia, con a capo Maroni, il quale dopo le autolodanti affermazioni del Premier riguardo gli arresti dei due superlatitanti portati a termine in quella giornata polemizza contro chi avanza dei dubbi sulla strana coincidenza di date.

Poi ancora con le minacce del Ministro Brunetta, che dice intervenendo alla trasmissione radiofonica di Rtl: "Tutelerò il mio onore" contro le dichiarazioni di Salvatore Borsellino, fatte dal palco della manifestazione. Il Ministro sottolinea che frasi come quelle dette dal fratello del magistrato ucciso dalla mafia "devono essere portate a conoscenza, con apposite denunce, della magistratura, perché questi sono reati nei confronti della persona, delle istituzioni ma anche dell'opinione pubblica. Ne dovrà dare conto".

Per quanto riguarda le dichiarazioni di Bocca, Brunetta afferma di non voler commentare "per carità di patria e per l'età. E' troppo facile, diseducativo e banale. E' insopportabile". Secondo il ministro anche il governo reagirà contro "questi calunniatori. E risponderanno di tutto questo. Ho fiducia nella magistratura".

Mi sembra il caso di replicare al Sig. Ministro dicendogli, che di fiducia ne abbiamo tantissima anche noi, e che prima o poi giustizia verrà fatta.

Anche il fronte finiano vuole dire la propria sulla questione, forse in un tentativo di riappacificazione, dopo il fuori onda del Presidente della Camera. Lo fa con il vicecapogruppo Pdl alla Camera Italo Bocchino. Secondo cui "la manifestazione di ieri è stata una protesta di elettori di centrosinistra contro l'opposizione e la sua classe dirigente. Berlusconi è stato soltanto il pretesto per aggregare, e il tutto è servito a rafforzare maggioranza e governo, dividendo ulteriormente la minoranza". Ancora una volta mi sento in dovere di replicare: Il movimento che e’ sceso in piazza non rappresentava la minoranza parlamentare, anzi tutt’altro, se mi permettete vorrei spiegare questo passaggio con le parole di un grande Giornalista/Scrittore che ha analizzato la giornata del popolo viola con parole che screditavano anche tutta l’opposizione.
Curzio Maltese avverte il decrepito mondo della politica dicendo: Quando sarà finita l´era Berlusconi, si parlerà ancora del 5 dicembre come di un giorno che ha cambiato la storia.

Nel mondo non s'era mai vista una simile folla di persone convocata attraverso la rete. È l'ingresso ufficiale della politica nell'epoca di Internet. Qualcosa che va perfino oltre, anzi molto oltre l'obiettivo dichiarato di costringere il premier alle dimissioni. È una rivoluzione. La rivoluzione viola. Allegra e vincente: nelle cifre, nei modi, nei linguaggi, nei volti, spesso di giovanissimi. Non era accaduto a Londra, a Parigi, a Berlino, in nazioni dove l'uso della rete è assai più diffuso che in Italia. Neppure negli Stati Uniti, dove da anni esiste MoveOn, il movimento on line che ha creato il fenomeno di Obama. È accaduto qui, nel laboratorio italiano, in una piazza romana da sempre teatro della nostra storia. In questo caso, la fine decretata della seconda repubblica.

Di fronte all'enormità del fatto nuovo, colpisce la decrepitezza di un ceto politico a fine corso, evidente nelle reazioni scontate, conservatrici, impaurite. Di tutto il ceto politico, di maggioranza e d'opposizione. I portaborse berlusconiani, che si sono lanciati nella solita arringa contro le «piazze giustizialiste», aggettivo che non significa nulla per i ventenni in corteo. Le solite timidezze della dirigenza del Pd, che conferma di capire poco, come le precedenti, dei mutamenti profondi avvenuti nella società italiana. Ma pure la corsa a "mettere il cappello" dei dipietristi e dell'ex sinistra arcobaleno, comunque mantenuti dagli organizzatori ai margini del palco e della festa.

Il popolo Viola chiede quindi le dimissioni di un premier che ha sputtanato l'Italia nel mondo, con le veline candidate in Europa, le sue storie personali e le scelte pubbliche, l'elogio dei dittatori, il conflitto d'interessi, i trucchi per sfuggire alla giustizia, il totale disinteresse alle tematiche AMBIENTALI, i media di sua proprietà usati come manganelli, le accuse dei pentiti di mafia. Elementi che, presi uno per uno, sarebbero già stati sufficienti in qualsiasi altra democrazia per chiedere le dimissioni di un governante. Perché allora Bersani non c'era? Perché il maggior partito d'opposizione ha addirittura paura a pronunciare la parola «dimissioni»? Perché invece di abbracciare gli organizzatori, e precipitarsi di corsa, i dirigenti del Pd esalano sospetti, perfino disgusti nei confronti dell'onda viola?
Le facce e le storie dei partecipanti raccontavano un'Italia che non comparirà mai al Tg1 ma opera ogni giorno nel territorio. Associazioni di ogni tipo, che hanno movimentato già sulla rete decine di battaglie locali e nazionali, sulla Tav, il Ponte di Messina, gli accordi nucleari, il precariato, la scuola. Volontari, lavoratori, ceti medi, centri sociali ed elettori di destra delusi, gente del Nord, del Sud, immigrati: bella gente. Più giovani di quanti ne compaiano di solito nei cortei, quasi soltanto ventenni o cinquantenni, col buco in mezzo delle generazioni cresciuti negli ultimi decenni di egemonia televisiva.

Tanti pezzi di un'Italia non qualunquista, non rassegnata, che non sta mani nelle mani tutto il giorno a chiedersi «che cosa possiamo fare?» o a lagnarsi della casta dei politici. Domani non torneranno a casa a guardare la televisione. La rivoluzione viola non finisce qui e non finirebbe neppure con le dimissioni di Berlusconi. Continuerà a far politica nei nuovi modi, con o senza
Il permesso di chi pensa che la politica sia decidere tutto nelle fumose stanze di un vertice a palazzo.

Secondo noi il potere politico è tale, solo se a servizio del cittadino, in caso contrario diventa abuso e sottrazione di diritti.

In Ogni caso, noi c’eravamo e siamo stati felici di prendere un treno e mescolarci a quella gente che ci ha dato la speranza che qualcosa possa ancora cambiare. Siamo anche convinti che questo non possa bastare il NO-B DAY, deve essere un continuo, la società civile non deve tornare nell’ombra, deve invece continuamente rendersi visibile, non solo con le manifestazioni ma con un costante e continuo logorio del sistema corrotto, con l’informazione di parenti ed amici, con i propri comportamenti e stili di vita e con l’uso costruttivo di internet che sabato 5 dicembre ha dimostrato di avere un grande potenziale e di essere un efficientissimo mezzo in mano alla gente per bene che ancora ci crede.

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